UN LUOGO DI RESILIENZA NELLA REALTA’ URBANA

L’esperienza di Nocetum ha una notevole importanza sia nell’ambito del sociale, come in quello della psicologia urbanistica, che studia il rapporto tra essere umano e lo spazio urbanizzato. Le ultime ricerche sul campo, che si avvalgono delle scoperte che emergono dallo studio sul cervello nell’ambito delle neuroscienze, riconoscono la stretta connessione tra ambiente urbanizzato e salute psichica (Umweltpsychologie, 18. Jg., Heft 2, 2014, 84-102): l’intervento dell’uomo sul territorio può ingenerare stress o rilassamento in chi si trova a viverlo. Per rigenerare “la città che uccide” (Corrado Beguinot, Human Rights and the City Crisis, 9th Tome, Series of Urban Studies, Giannini Napoli, 2012), che è comunque composta da esseri umani, è necessario individuare ciò che nella città “uccide”, per poter trasformare il mortifero in occasione di crescita e cambiamento.

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UN LUOGO DI RESILIENZA NELLA REALTA’ URBANA
(tratto da: NOCETUM, cristiani vivi nella città, anno xv, n. 1 maggio 2018, p.9)

Partecipazione a convegno SIEP IALE It – RESILIENZA NELLA CITTA’



SOLO DOPO UNA CATASTROFE 
O POTENZIALITA’ DI BASE?

Anche la città, come espressione di esseri umani, possa presentare nel suo svilupparsi la dinamica della resilienza, non soltanto dopo eventi traumatici, ma come dimensione di base che può essere facilitata più o meno nel suo sviluppo?

Slides dell’intervento

dr. Marialfonsa FONTANA SARTORIO
prof. ing. Gianluigi SARTORIO



RESILIENZA NELLA CITTA ’
SOLO DOPO UNA CATASTROFE 
O POTENZIALITA’ DI BASE?

convegno SIEP IALE It
Asti , 26 – 28 maggio 2016

SVILUPPO URBANO E RESILIENZA NELLA CITTA’ IN CRISI

Le moderne città non sono state in grado di stare al passo con le sfide poste dal processo di globalizzazione.

L’annullamento delle dimensioni spaziale e temporale, provocato dall’eccessivamente rapido sviluppo tecnologico dei media e dei trasporti, hanno reso l’informazione un prodotto di rapido consumo che circola viralmente per tutto il globo, indifferente alle culture e alle storie locali, e il concetto di spazio non si riferisce più ad un luogo “identitario, relazionale e storico” (Augè), ma alla possibilità di raggiungerlo ed appropriarsene.
Allo stesso modo, gli interessi di mercato oltrepassano i confini (e la sovranità) degli Stati, passando così l’economia dalla logica del welfare alla logica del profitto.

Infine, l’abbattimento delle distanze e la concentrazione dei flussi economici – insieme agli interessi politici ed economici di diversi soggetti – portano ad un incremento esponenziale dei flussi migratori dai paesi più poveri a quelli più ricchi e dalle campagne alle città.

Tutti questi fattori provocano svariate e nefaste conseguenze, tra le quali il collasso delle identità culturali, riferimento indispensabile ad ogni individuo per definire la propria identità e per posizionarsi rispetto al gruppo sociale.

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SVILUPPO URBANO E RESILIENZA NELLA CITTA’ IN CRISI
(tratto da: Corrado BEGUINOT, Un manifesto Un concorso, the Right to the City for All, 34/Tenth Tome, Series of Urban Studies, Giannini, Napoli, 2014)

LA CITTÀ DAL VOLTO UMANO: QUALE FUTURO?

L’incremento degli insediamenti umani verificatosi dopo il 1950 ha confermato le proiezioni di oltre cinquant’anni fa. Allora vi erano solo due mega-città (ovvero due metropoli con oltre 10 milioni di abitanti): Londra con 12 milioni e Tokio con 11 milioni; entro il prossimo decennio, se ne conteranno più di trentacinque: solo in Cina, saranno sette. Le dimensioni demografiche e spaziali di tali agglomerati urbani sono in continua crescita e comportano imprevedibili fenomeni di concentrazione insediativa, di congestione nella mobilità e nei consumi e di degrado ambientale dilagante.

I ritmi di crescita risultano eccessivamente veloci per poter adeguatamente programmare, pianificare e governare lo sviluppo sostenibile del territorio. Stime delle Nazioni Unite (U.N.) indicano che attualmente la metà della popolazione mondiale è concentrata all’interno del tre per cento della superficie terrestre e che a metà del XXI secolo la popolazione urbana raggiungerà i due terzi di quella totale; in particolare tale crescita si manifesterà nei paesi in via di sviluppo, soprattutto in Asia ed in Africa ove le amministrazioni locali si troveranno davanti a sfide estreme.

Gli effetti di tale tendenza in atto sono riassumibili nel termine omnicomprensivo di “stress ambientale”, che comprende un ampia gamma di gradazioni: dall’ impatto sull’ambiente naturale dovuto all’artificialità di un ambiente urbano dotato di salubrità e benessere ove l’individuo opera e si muove a proprio agio, alla situazione ove il logorio di vita quotidiana matura in un ambiente sovraffollato, malsano e degradato tanto da compromettere l’equilibrio dell’individuo in forme sempre più acute, fino a colpire il più profondo livello psichico-fisico della persona.

Le previsioni più recenti non contemplano inversioni di tendenza per il prossimo decennio e sembrano confermare che, a livello mondiale, ogni realtà urbana sarà coinvolta dalle dinamiche scatenanti ed indotte da un fenomeno di mobilità demografica manifestamente a scala globale, propria dei nostri tempi.

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LA CITTÀ DAL VOLTO UMANO: QUALE FUTURO?
(tratto da: Corrado BEGUINOT, Human Rights and the City Crisis, 33/Ninth Tome, Series of Urban Studies, Giannini, Napoli, 2012)

L’APPORTO DELLA PSICOLOGIA ALLA CITTA’ MULTIETNICA

alla luce dei più recenti studi delle neuroscienze

Il presente contributo vuole essere una proposta per un lavoro sincretico tra un nuovo umanesimo, le più recenti scoperte ed indagini psicologiche, che si avvalgono del metodo scientifico e che si basano sulle recentissime tecniche di neuroimaging, e le urgenti necessità della pianificazione urbana. Si cerca perciò di delineare possibili linee guida, che possano aiutare il pianificatore a prendere in considerazione i bisogni psichici dell’essere umano, nel suo vissuto come fruitore della città, sia nel rispetto della sua realtà interna psichica, sia considerando gli ineludibili condizionamenti della progettazione.

Vi è una continuità storico-culturale nel mondo occidentale, che “contamina” il pensiero europeo antico, mediterraneo e nordico, con il sapere mediorientale: mi riferisco agli apporti culturali del mondo arabo omayyade, che dalla Spagna fluirono nell’occidente, e che si rispecchiano anche nella cultura letteraria, come nel “Parsifal” di Wolfram von Eschenbach e nei secoli successivi nell’opera di Gotthold Ephraim Lessing (“Nathan il Saggio”), che influenzò l’opera di Goethe.

Oltre a ciò si devono ricordare tutti i contatti che il mondo mediterraneo ebbe durante l’Ellenismo e nei primo secoli dell’era cristiana con le culture dell’Estremo Oriente, che sfociarono nella cultura del Gandhara.
La struttura della città ha sempre rispecchiato la cultura della società che la realizzava. Dalle città senza strade, come Chatal Huyuk, alle città sacre dell’Egitto e dei Maya centrate sulla sacralità del Divino, alla Urbs Romana, espressione della grandiosità dell’Impero, alle progettazioni del neo-classicismo pervase di conoscenze esoteriche, come la costruzione di El Escorial dell’architetto Herrera, fino alle metropoli dei tempi nostri. La città quindi è sempre stata espressione nella pietra di contenuti nascosti, che esprimevano lo spirito del loro tempo e contemporaneamente agivano sulla psiche dei propri abitanti.

Già da decenni sono attivi studi che hanno cercato di collegare le attività fantasmatiche e percettive della psiche umana alla progettazione, nel tentativo di individuare le connessioni tra l’interno dell’uomo e il suo habitat.
E’ sempre più viva e pressante la richiesta di arrivare a definire delle informazioni che possano meglio aiutare la progettazione ad essere più vicina ai bisogni dell’essere umano, e che si basino su conoscenze e osservazioni scientifiche. Nasce così la domanda di come collegare i risultati di questi nuovo ambiti della ricerca sul funzionamento della psiche e del cervello, dovuti alle tecniche neuroimaging, alla progettazione urbana, tale da rendere sempre più “umana” e vivibile la città.

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L’APPORTO DELLA PSICOLOGIA ALLA CITTA’ MULTIETNICA, alla luce dei più recenti studi delle neuroscienze
(tratto da: Corrado BEGUINOT, Human Rights and the City Crisis, 33/Ninth Tome, Series of Urban Studies, Giannini, Napoli, 2012)

Nasce la sezione Psicologia Urbanistica

L’Associazione Qualità e Formazione apre una finestra sulle ricerche fatte a livello mondiale, soprattutto in area germanica, sul rapporto che intercorre tra pianificazione territoriale e psiche, attingendo alle più recenti scoperte del funzionamento della stessa attraverso le neuroscienze.

E’ nel ricordo del prof. Corrado Beguinot e alla sua accorata denuncia “La città uccide” che tale lavoro ha preso inizio: ci si propone infatti di diffondere, tramite il sito dell’Associazione Qualità e Formazione, i contenuti di riviste specialistiche internazionali riguardanti la psicologia urbanistica.

E’ interessante evidenziare come stia crescendo nella ricerca della pianificazione urbana il bisogno di dare indicazioni sulle risorse individuo/ambiente che la singola città può offrire.
Ci si sta ponendo nella pianificazione urbana la domanda non solo di che natura è la relazione che l’essere umano instaura con il suolo circostante, ma anche con il mondo che egli stesso costruisce, che comprende costruzioni, comunicazione e informazione.

La psicologia urbanistica perciò si rivolge perciò al mondo della natura antropizzata, alle interazioni sociali e culturali nelle loro implicanze psicologiche con l’essere umano.

La psicologia urbanistica è ancora una disciplina relativamente giovane ed è caratterizzata da un alto grado di interdisciplinarietà. Pertanto, le questioni psicologiche ambientali includono anche aspetti della globalizzazione e dello sviluppo sostenibile e quindi hanno legami con la scienza politica.

Un aspetto dell’attuale ricerca della psicologia urbanistica è rivolto ad indagare la relazione tra gli stimoli delle sensazioni sensoriali e lo stress sulla salute psichica. In tale ambito si sviluppa anche la ricerca su quali siano gli interventi per attivare la resilienza insita in ogni città, non solo dopo eventi catastrofici, ma nella vita quotidiana, in una prospettiva che si ponga come alternativa alla “città che uccide”.